La teoria U di Otto Scharmer è uno spunto molto importante per comprendere come le aziende riescano a reagire ai momenti di crisi. Nella gran parte dei casi, però, le realtà imprenditoriali non cambiano il proprio modus operandi in tali momenti di difficoltà, bensì attuano le stesse strategie che, nei fatti, hanno portato all’insorgere dei problemi.
Cos’è la teoria U di Otto Scharmer
Nei momenti di crisi, le aziende non tendono a modificare le proprie strategie e i processi organizzativi, che – in effetti – hanno portato alla nascita di determinate criticità, bensì si rifanno proprio alle idee che hanno generato una serie di difficoltà.
Qui, dunque, entra in gioco la teoria U di Otto Scharmer, detta anche “teoria del punto cieco della leadership”, la quale ci fa notare che leadership e management sono stati due concetti studiati sul piano del prodotto e del processo, ma non su quello della motivazione profonda.
A tal scopo, lo studioso fa riferimento ad un pittore di cui conosciamo il quadro, ossia il prodotto della propria attività e la tecnica pittorica utilizzata al fine di realizzarlo, ma del quale si sa poco in merito alle idee e ai pensieri che gli hanno attraversato la mente nel momento in cui si è ritrovato davanti alla tela bianca.
Per questo motivo, la teoria U di Otto Scharmer tende a raggiungere un punto cieco, per l’appunto, analizzando la realtà circostante in maniera approfondita, eliminando, nei fatti, pregiudizi e preconcetti al fine di costruire un futuro basato sulla coscienza di sé.
Come è attuato questo approccio a livello aziendale
Al fine di attuare questo approccio, secondo lo studioso, bisogna liberarsi di quello che è definito l’atteggiamento di routine chiamato downloading, caratterizzato da luoghi comuni ed idee preconcette, che non permettono di affrontare i problemi emersi.
Per debellare la crisi, dunque, bisogna calarsi nel profondo, in un processo di vera e propria immersione e riemersione che – nei fatti – viene sintetizzato dalla forma a U.
La leadership, dunque, a questo punto, deve avere la capacità di ascoltare (listening) sia se stessa che gli altri, in modo da creare uno spazio aperto e comunicativo, nel quale tutti possono contribuire.
Un altro passaggio importante è quello di osservare (observing) ciò che non si conosce, al fine di mettere in pausa la “voce del giudizio”.
Fondamentale, in tale contesto, è il sentire (sensing), per il quale è essenziale avere mente, cuore e volontà aperti, in modo da analizzare e percepire la realtà con occhi diversi e senza pregiudizi.
C’è, poi, la fase del presenziare (presencing), per avvicinarsi alla parte più profonda di sé, in modo da accontonare ciò che è scontato e risaputo, seguita dalla fase di cristalizzazione (crystalizing), durnate la quale le intenzioni di un gruppo diventano così potenti da far accadere le cose.
Passiamo alla fase del prototipare (prototyping), durante la quale si affrontano le emozioni e le resistenze di pensiero e a quella dell’eseguire (performing), per convocare i giusti attori al fine di creare qualcosa di nuovo ed efficace e superare il momento di crisi.
Ti invito a scaricare anche la GUIDA ALLA PIANIFICAZIONE PERSONALE, uno strumento utile per te e il tuo team di lavoro.